sabato 28 gennaio 2017

Italia Lavoro: al via quattro Tirocini Formativi per l'integrazione di minori stranieri



La Cooperativa Sociale Coesi, che ad oggi conta 6 dipendenti con contratto a tempo indeterminato, a partire dal Primo Febbraio e fino al 30 Giugno 2017 accoglierà nel proprio organico 4 minori stranieri non accompagnati in fase di transizione verso l’età adulta ed un giovane migrante neo-maggiorenne, tutti di nazionalità Gambiana, in condizione di inoccupazione, che saranno impegnati in un tirocinio formativo della durata di 5 mesi 3 per 30 ore settimanali articolate su 6 giorni.
Tale attività, in linea con le finalità del progetto “Coesi” promosso da UniCredit Foundation, rientra nel Programma Ministeriale “Italia Lavoro” per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, destinate a giovani stranieri non accompagnati entrati in Italia da Minorenni e presi in carico dai Servizi Sociali Territoriali. L'Ente metterà a disposizione le risorse economiche per il pagamento dell’indennità di tirocinio ai ragazzi pari a una borsa di 500 euro lorde mensili.
Grazie alla collaborazione con il Consorzio Lavoro Puglia, cooperativa sociale che offre servizi di intermediazione e accompagnamento al lavoro, i quattro tirocinanti, accolti dal Giugno 2016 presso la Comunità Educativa Scurpiddu di Foggia, avranno l’occasione di imparare un mestiere spendibile sul mercato del lavoro. Nello specifico verranno impiegati in attività di traslochi, sgomberi, facchinaggio, montaggio e smontaggio mobili, verniciatura e vendita di mobili ed oggetti usati presso il Centro di Riuso Solidale “Il Formicaio”.
Il percorso di inserimento socio-lavorativo si basa sullo strumento della “dote individuale”, con la quale - insieme ad una dotazione monetaria - viene garantita l’erogazione di una serie di servizi di supporto alla valorizzazione e sviluppo delle competenze, all’inserimento socio-lavorativo e all’accompagnamento verso l’autonomia, attraverso la costruzione di piani di intervento personalizzati.
Essendo il tirocinio concentrato prevalentemente nelle ore antimeridiane, i giovani migranti potranno continuare a seguire di pomeriggio il corso di alfabetizzazione presso il CPIA di Foggia, finalizzato al conseguimento del titolo di studio conclusivo del primo ciclo di istruzione.


L’auspicio è che un numero sempre maggiore di persone/cittadini/aziende scelga di usufruire dei servizi offerti dalla Cooperativa Sociale Coesi affinché possa incrementare i ricavi e  creare nuovi posti di lavoro stabile o, per lo meno, accogliere sempre più giovani in condizione di svantaggio sociale per  far acquisire loro competenze pratiche attraverso la conoscenza diretta del mondo del lavoro.

Anna la Cecilia

"Parla come mangi: la lingua per parlare e per gustare" - storia e ricetta di Antonio, Italia

Antonio ha da poco compiuto 18 anni. Nonostante la giovanissima età, ha già alle spalle un passato di carcerazione e detenzione domiciliare per reati contro il patrimonio. Attualmente sottoposto agli arresti domiciliari presso la Comunità Educativa Scurpiddu, con fine pena nel 2019, Antonio oggi sta provando ad imparare un mestiere che possa permettergli di immaginare e costruire un futuro lontano dai Tribunali e dalle porte chiuse di un carcere.  Una nuova chiave per rileggere il proprio passato, chiudere alcune porte ed aprirne di nuove. Certo, sarà più faticoso che aprire porte blindate o macchine di ignari proprietari, ma imparare, realizzare cose con le proprie mani, costruire la propria vita e guidarla verso scenari più liberi e sereni, non ha prezzo, non vale neanche un solo secondo dei propri anni dentro un carcere angusto, un solo centesimo sottratto a qualcun altro. Questo, Antonio, lo ha imparato sulla propria pelle, costellata di tatuaggi e cicatrici che, giorno dopo giorno, impallidiscono e svaniscono per far spazio ad una nuova pelle. L'aver accettato di pubblicare la propria storia e le proprie foto già testimoniano il suo nuovo coraggio e la metamorfosi che è in atto. Perchè, dietro ai suoi atteggiamenti da "guappo di quartiere", Antonio è un timido e adesso starà ridendo per nascondere l'imbarazzo di rivedersi in queste righe.
Appassionato di cucina, ha scelto di condividere con i suoi compagni una ricetta che si mangia solo a San Severo, sua città di nascita, il giorno di Natale: la Zuppetta.

RICETTA ZUPPETTA DI SAN SEVERO (per 12 persone)
4 litri di brodo di tacchino, mezzo kg di caciovallo, 1 kg di scamorze o trecce, 1 kg di tacchino, 1 kg e 1/2 di pane pugliese, parmigiano, cannella e pepe a piacere
Preparazione
Preparare il brodo con coscia e petto di tacchino, 3 patate, 10 pomodorini, 1 gambo di sedano, 3 carote. Nel frattempo far abbrustolire le fette di pane e, una volta cotto, sfilacciare il tacchino  in brodo. In una teglia da forno alternate come una lasagna le fette di pane abbrustolito, leggermente bagnato con il brodo, il tacchino sfilacciato, la mozzarella,  le fette di caciocavallo ed il parmigiano grattugiato. Si procede in questo modo fino quasi all'orlo della zuppiera/vaschetta. Porre in forno caldo a 180 ° e ogni 10 minuti bagnate la teglia con il brodo bollente finchè il tutto sarà ben amalgamato e si sarà formata una bella crosta in superficie. 








RICORDI DI GUSTO
Questo piatto, inevitabilmente, mi ricorda i pranzi di Natale con la mia famiglia. E' uno dei miei piatti preferiti. Da noi a San Severo è una tradizione immancabile. Questa è la prima volta che lo cucino, mia nonna è bravissima a cucinare questo piatto.

LA STORIA DI ANTONIO
"La prima volta che sono entrato in una Comunità avevo 15 anni, era l'8 Agosto 2014. Avevo commesso il reato di rapina impropria a piede libero, avevo rubato una collanina d'oro ad una donna e poi rubato in un capannone della zona P.I.P. a San Severo. Già da quando avevo 10 anni trascorrevo il mio tempo fumando, bevendo e rubando macchine, per me era un gioco, un divertimento. Dopo 6 mesi in Comunità ho avuto un aggravamento di un mese presso l'Istituto Penale Minorile "Fornelli" per aver trascorso tutta la mattinata fuori per via di uno sciopero a scuola, sebbene fossi stato autorizzato dal giudice ad uscire e rientrare solo a determinati orari stabiliti. L'esperienza in carcere, vi assicuro, non è il massimo, però io cercavo di ammazzare il tempo facendo sempre palestra, giocando a  calcio e biliardino. Trascorrevo almeno 20 ore in cella, la mattina seguivo un corso di falegnameria che mi piaceva molto, ho ancora i quadri e gli oggetti realizzati conservati a casa mia, dopo avevamo un'ora d'aria e rientravamo in cella per poi avere un'altra ora d'aria nel pomeriggio. Spesso c'erano atti di violenza da parte degli altri detenuti minorenni, a me non è mai capitato nulla. Sono tornato in Comunità ad Aprile del 2015 e dopo due mesi ho fatto richiesta di domiciliari, al sesto mese me li hanno concessi. Sono stato circa un mese e mezzo a casa in regime di carcerazione domiciliare ma stavo sempre fuori, così un giorno ho commesso altri reati cioè  tre rapine, di cui una in un distributore di benzina e due in un negozio. Mi hanno portato di nuovo a Bari, sono stato 48 ore nella cella di Prima Accoglienza in attesa del G.I.P. (Giudice Indagini Preliminari) che mi ha confermato la galera, questa volta per 5 mesi e 15 giorni. La seconda esperienza è stata meno traumatica della prima, ogni giorno mi ripetevo "Prima o poi devo uscire per andare in Comunità" e mi facevo forza. Il 15 Gennaio 2016 sono ritornato, per la terza volta, alla Comunità Scurpiddu, ormai è un anno che sono di nuovo qui, questa volta il tempo è volato perchè conosco l'ambiente, è come una casa, una famiglia. Adesso sto frequentando un corso di panetteria e pasticceria all'Enac Puglia che mi piace molto. In Comunità poi sperimento quello che imparo a scuola. Le mie specialità sono  la torta con la crema e la torta cioccolato e pera.

 A Maggio il corso finirà e chiederò i domiciliari a casa con la possibilità di lavoro al bar di mio zio, così da mettere in pratica quello che sto imparando. Oggi posso dire che mi sento cambiato,  più maturo e riflessivo, adesso ci penso prima di fare una "cavolata". In futuro mi piacerebbe sposarmi, avere dei figli e lavorare in una pizzeria/panificio. Voglio solo tranquillità adesso, ho già fatto le mie esperienza, è tempo di cambiare."

domenica 22 gennaio 2017

"Parla come mangi: la lingua per parlare e per gustare" - storia e ricetta di Abdoulie, Gambia

Abdoulie viene dal Gambia, Paese che proprio in questi giorni è al centro delle cronache internazionali. Il suo Presidente uscente Yahya Jammeh, che il 1° dicembre 2016 ha perso le elezioni presidenziali contro il candidato dell'opposizione Adama Barrow, dopo 22 anni di governo autoritario,  non ammette la sconfitta e non intende lasciare la guida del Pese, con conseguente rischio di  guerra civile ed intervento armato delle truppe senegalesi e di altri quattro paesi dell’Africa occidentale. Sua madre è fuggita in Senagal per mettere in salvo la sua vita e quella della propria figlioletta. Abdolulie, detto "Terremoto" per la sua esuberanza e vitalità, ha provato a salvarsi due anni fa da quell'orribile realtà repressiva e lesiva dei diritti umani. Se è vero che i gatti hanno 7 vite, Abdoulie, che ha lo spirito di un felino , ne ha consumate almeno 4. Più volte ha rischiato la vita, uscendone sempre indenne. A lui, però, basterebbe viverne una sola purché serenamente. Oggi è in attesa di ottenere il permesso di soggiorno per asilo politico, le sue giornate trascorrono tra scuola e passeggiate con gli amici, coltivando i propri hobby, tra cui quello della cucina. Nel corso del laboratorio di cucina interetnica ed autobiografica si è distinto tra tutti i partecipanti del corso per la passione, l'impegno profuso e la collaborazione attiva con gli altri cuochi provetti. Tra i tanti piatti da lui preparati, abbiamo scelto per voi il piatto nazionale del Gambia, il Domoda, un delizioso stufato di arachidi a base di verdure e pollo.

RICETTA DOMODA (DURANG)
1 melanzana, 4 cipolle, 4 carote, 2 patate, 2 kg di petto di pollo, 2 kg di riso, 1 peperone, 1 barattolo di burro di arachidi, peperoncino, 1 litro di salsa di pomodoro, limone, 3 dadi
Preparazione
In una pentola grande mettere la carne e farla cucinare con un pò di acqua miscelata con il burro di arachidi, poi aggiungere carote, patate, cipolle e melanzane a pezzettini, la salsa di pomodoro e far cucinare per mezz'ora. Se necessario aggiungere altra acqua. Versare infine la verza divisa in 4 parti, i dadi ed il sale. A parte cuocere il riso e condire con la salsa di carne. Su ogni piatto spruzzare un pò di limone.



RICORDI DI GUSTO
Il Durang è un piatto tradizionale del Gambia, si cucina con carne di mucca o pollo, quando lo cucinava mia madre era una festa, eravamo tutti felici. Chiamavamo i nostri amici per mangiarlo con loro. In Gambia si usa molto il riso, sia a pranzo che a cena, non mangiamo mai pasta come da voi in Italia, che la mangiate tutti i giorni, solo a colazione mangiamo monò, un tipo di pasta piccola con lo zucchero. Noi utilizziamo soprattutto  cous cous, riso e molta frutta. Il burro di arachidi non è in crema come in Italia, si prepara al momento schiacciando le arachidi in un mortaio. Nel mio Paese Io aiutavo sempre mia madre, è stata la mia maestra di cucina, le voglio molto bene e mi manca. Questa è la prima volta che cucino da solo, ormai ho memorizzato tutti i passaggi e posso cucinare da solo. Spero che vi piaccia. Io amo molto cucinare e mi piacerebbe un giorno  aprire un ristorante perchè penso di essere bravo.

ALTRE RICETTE DI ABDOULIE
Fagioli con pollo - niebè soso

Chicken Yassa





LA STORIA DI ABDOULIE
Sono andato via dal Gambia il 1° Novembre 2015. Mio padre è morto tanto tempo fa, io avevo 5 anni. Mia madre è andata a vivere con un altro uomo, con cui litigavo sempre. Io non andavo a scuola, passavo le giornate a mare, pescando. Mio padre era un pescatore, a 12 anni ho chiesto la verità a mia madre e lei mi ha raccontato che era partito come ogni mattina alle 8 con la barca per pescare, era di Martedì e quel giorno tirava molto vento, così la barca si è capovolta e lui non ha fatto mai più ritorno. Ho chiesto a mia madre se mio padre aveva una famiglia da cui io potevo andare, ma lui era solo. Papà non mi aveva lasciato nulla ed il  nuovo compagno di mia madre non solo non mi aiutava ma non voleva che io vivessi con loro ed i suoi due figli, perchè non ero figlio suo. Loro andavano a scuola e lui si prendeva cura di loro, di me nessuno si interessava. Dormivo a casa di un mio caro amico. Questa non era vita. Un giorno ero molto arrabbiato, sono andato a casa di mia madre perchè pretendevo di restare lì con loro, lui mi ha cacciato in malo modo ed ha preso una mazza per colpirmi in viso, ho ancora la cicatrice vicino al sopracciglio, mia madre ha cercato di difendermi e separarci ma lui le ha dato uno schiaffo. Dopo sono scappato via, mia madre ha chiamato la polizia che alla fine ha deciso che io avevo sbagliato perchè ero entrato in una casa che non era mia. All'una di notte un mio amico è tornato a chiedere notizie a mia madre, la quale mi ha detto che dovevo lasciare subito il Paese perchè rischiavo 3 anni di galera. Quella notte ho preso un passaggio in autocarro per andare in Senegal. Qui ho conosciuto una persona che andava in Mali per lavoro a pulire i pullman, io dormivo dentro la sua macchina e lo accompagnavo a Bamako. Un giorno mi ha dato i soldi per comprare da mangiare e mi sono perso, non ho più trovato quell'uomo, così sono rimasto solo, ho dormito un mese in strada facendo l'elemosina, fino a quando ho conosciuto una ragazza del Gambia che mi ha proposto di cercare lavoro a Gnami, in Nigeria. Io essendo minorenne sono riuscito a passare la frontiera mentre lei è rimasta in Mali perchè non aveva documenti. Dopo un mese di vagabondaggio in strada, ho conosciuto una signora che aveva un ristorante che mi ha accolto ed aiutato. Finalmente avevo un tetto per dormire e cibo caldo. Io in cambio la aiutavo a pulire e lavare piatti. Ero contento ma volevo cercare un lavoro migliore così ho detto alla signora che volevo andare in Libia. Lei ha pagato il mio viaggio in macchina, un'esperienza da dimenticare, sono stato 10 giorni nel deserto del Sahara perchè la macchina ad un certo punto si è rotta, un ragazzo del Mali che era con me è morto di fame. Per fortuna è venuta in nostro aiuto una persona che ci ha portato a Tripoli salvandoci la vita. In Libia ho conosciuto un ragazzo gambiano che mi ha ospitato a casa sua con altre due persone. Un giorno sono uscito per cercare lavoro ed un uomo mi ha avvicinato offrendomi un posto di lavoro, ma era un tranello, era la mafia. Entrato in macchina mi ha puntato un fucile vicino la testa e mi ha fatto prigioniero. Mi ha portato in un posto che era come una galera, c'erano tantissime persone, donne incinta e due minorenni. Ci minacciavano di ucciderci se non avessimo fatto arrivare soldi dalle nostre famiglie per liberarci.  Ho visto tre persone morire davanti ai miei occhi  e tante altre che per fortuna non ho visto. Qui sono rimasto tre mesi. Io e l'altro ragazzo minorenne ci occupavamo delle pulizie, un giorno mentre buttavamo l'immondizia abbiamo approfittato del buio per scappare via, mentre correvo sulla spiaggia mi sono ferito un piede con una bottiglia di vetro. Loro ci hanno visto ed hanno sparato in aria. Io ho avuto paura e mi sono fermato.  Così ci hanno riportato in quel posto vietandoci di occuparci delle pulizie. Ho usato il dentifricio per curare la ferita che mi ha dato una donna prigioniera. Dopo tre settimana, durante le quali la mia ferita al piede era guarita, ci hanno fatto ributtare l'immondizia. Disperati, abbiamo provato a scappare di nuovo, questa volta non ci hanno visti, correvamo nel buio sulla spiaggia, senza più fiato nei polmoni, fino a quando abbiamo avvistato una barca con tantissime persone dentro e siamo entrati senza pagare, confondendoci tra la folla. Nessuno ci ha visto. Eravamo circa 120 persone, due donne sono morte schiacciate. Ad un certo punto del viaggio la barca si è bucata ed abbiamo rischiato di affondare. Alle 23 del giorno dopo è venuta in nostro soccorso una barca italiana. Abbiamo viaggiato in mare per altri 5 giorni, fino a quando il 12 Giugno 2016 siamo arrivati a Brindisi. Il giorno dopo mi hanno portato alla Comunità Scurpiddu. Adesso sto bene, vado a scuola, gioco a calcio e sono in salute. Prima ero magrolino e malaticcio, ora sono forte e robusto.  Mia madre adesso è felice perchè sa che io sto bene qui. Devo dire grazie all'Italia perchè mi ha salvato la vita. Grazie Italia.